Napoli, storia di una seconda possibilità

Napoli, storia di una seconda possibilità

In un giorno memorabile come questo, ho bisogno di raccontarvi qualcosa.

Qualcosa che renda l’idea vera di cosa sia il Sud Italia, la Campania.

Lo scudetto del Napoli

Dall’età di 6 anni, ho sempre visto il calcio come la personificazione unica di due colori: il bianco ed il nero.

Sì, è così, in queste righe su questo blog non abbiamo mai parlato di calcio.

Ma il mio cuore è bianconero dall’età di 6 anni circa.

C’ho capito sempre poco di calcio, fino ad una decina d’anni fa, quando iniziai ad appassionarmi sul serio.

E la Juve è rimasta la mia seconda pelle.

Una seconda pelle di cui vado immensamente fiera, anche in periodo non particolarmente vincente come quello che stiamo attraversando.

E perché dobbiamo parlare dello scudetto del Napoli, allora?

Perché prima di essere juventina, sono “figlia della Terra dei Fuochi, della Campania”: e quante volte me lo hanno detto!

Nasco in un paesino dell’entroterra sannita, ma Napoli per me ha rappresentato l’emancipazione.

E’ Napoli il primo luogo nel quale mi sono recata con i mezzi pubblici da sola, ormai tanto tempo fa.

Da Napoli sono partite le mie esperienze di vita più belle: il teatro, l’accademia delle belle arti, la scrittura creativa.

Da Capodichino, a Napoli, sono partita da sola più volte, verso Madrid, verso Parigi, verso Milano.

Dal Molo Beverello, sono partita alla volta di Ischia, da sola, per la prima volta, senza nemmeno un programma preciso.

A Napoli, ho vissuto la mia prima notte bianca.

Il TEATRO

In quei vicoli, ed in quei quartieri è nata la mia passione per il teatro.

Una cosa che non avrei mai pensato di fare da adolescente, perché troppo per me.

Ed invece sono diventata anche brava.

Per il teatro, ho scritto, ho recitato ed ho diretto.

Per il teatro ho affrontato un progetto, Madonne, che mi ha regalato uno dei periodi più belli della mia vita.

Il teatro, in quel mondo, con quei suoni,  con quei colori, con quella gente, mi ha sempre salvata, anche più tardi.

Non ho mai avuto paura di partire di sera tardi dalla Stazione Centrale.

Non mi sono mai sentita in pericolo a camminare nel Quartiere Stella.

Io in quella città mi sono sempre sentita al sicuro, nonostante tutto.

Così tanto, che è stato il mio rifugio, per ripartire.

Ogni volta che ne ho sentito il bisogno.

E sono ripartita tante di quelle volte nella mia breve vita!

Nel 2016 per esempio.

Fui selezionata per la Scuola Elementare del Teatro, una scuola che ha sede nell’Ex Filangieri, a Napoli, nel cuore del centro storico, pochi giorni prima della dipartita del mio papà. (una storia dolorosa che vi risparmio e se vi va, trovate nella mia raccolta.)

Mi interfacciai subito con il responsabile per spiegare che non vi avrei potuto partecipare, per ovvi motivi, mi tenne una porta aperta.

E gliene sono ancora grata.

Una settimana dopo mi recai alla lezione programmata, perché intanto avevo trovato anche un lavoretto, che mi consentiva di muovermi più agevolmente, sempre a Napoli.

Da lì, da quel monologo sul funerale di mio padre, sono ripartita… e non mi sono mai più fermata ne tanto meno mi sono guardata indietro.

IL LAVORO

Napoli, ha rappresentato per me un’ancora di salvezza anche lavorativamente parlando.

Prima di diventare la professionista  legale stimata che sono oggi, con un’infinità di sacrifici, diciamo che la strada è stata prettamente in salita, e non a causa mia o di chi mi sta affianco, ma a causa della vita che non va sempre come ci immaginiamo.

E allora mi sono reinventata tante volte, riuscendo sempre.

E sempre a Napoli città.

Ho dato ripetizioni al Vomero, ho fatto la baby sitter a Posillipo e a Fuorigrotta, l’operatrice sociale a Nisida.

Mi alzavo alle 05.30 del mattino, ed ero fondamentalmente una persona serena, molto stanca, ma serena.

Mi saziavo di panorami e sorrisi indimenticabili.

Di modi e maniere, della tradizione, che mi lasciavano affrontare la dura giornata, con il cuore colmo, e gli occhi strabordanti di bellezza.

Mi “abbuffavo” di esperienze di vita, di porte in faccia ma anche di portoni spalancati.

Imparavo a vivere, nella città che per antonomasia insegna a tutti a sopravvivere alla cattiveria del destino.

 

Ecco perché questo scudetto, questa città se lo merita.

Perché non lascia indietro nessuno.

Ed ecco perché ho iniziato questa prosopopea, partendo da molto lontano.

Per spiegare a chi mi legge e ha un’altra fede calcistica, magari uguale alla mia, che questo piccolo riscatto, il Sud se lo merita.

Sì perché è minuscolo, rispetto alla nostra storia, alla storia dei figli di questa terra martoriata.

Questo Napoli, di Napoli, ha ogni caratteristica.

Il bel gioco, la passione, la caparbia, l’amore.

Questo Napoli, di Napoli ha il colore dei vicoli stretti e bui, che dopo tanto lavoro, si colorano d’azzurro.

I vicoli che profumano di pizza fritta e noccioline dolci tostate, come quelle che vendono fuori allo Stadio Maradona, c’hanno un sapore unico, fidatevi.

E il fracasso?

Il fracasso è insopportabile:

“Stiamo facendo troppo chiasso. C’è un gran clamore su questa faccenda “Napoli Campione d’Italia“ ” scrive Francesca Sabella, stamane sul Riformista.

Questo fracasso ormai è parte  anche dell’immaginario di chi a Napoli ci passa solo per sbaglio.

Ed è bello, quasi magico.

Mentre imperversa e va in onda la parte peggiore di questa terra sui social, ad opera di chi del folklore tipico ne fa biglietto da visita per la cattiva educazione, la Campania vera si ribella e si tinge d’azzurro.

E allora striscioni, nastri, gigantografie in ogni dove.

Perché si sa, in Campania, si ama l’esagerazione.

Ma non è con l’esagerazione che Luciano Spalletti ha vinto questo terzo tricolore, no, al contrario:

“A Castel Volturno è in programma l’allenamento della squadra e un gruppo di ragazzini richiama l’attenzione dell’allenatore azzurro. Vogliono selfie e, autografi, battute. Ma Spalletti va giù duro: “Come mai non siete a scuola?”. E i ragazzi replicano: “C’è sciopero”. “E quando si recupera la lezione?” incalza il mister “Mai” rispondono i bimbi. “Come, mai? E quando ti dovrò allenare e non capirai cosa ti dico? Io quelli che non capiscono non li voglio”. Quel signore lì è Luciano Spalletti in purezza. Un maestro di calcio, sì, ma prima ancora un educatore”, ha scritto Matteo Renzi sul Riformista nel suo primo numero, da direttore.

Spalletti ha raccolto i cocci rotti con pazienza  e dedizione e li ha rimessi insieme e ha aggiustato tutto.

Ai tifosi meno educati,non intonate i cori contro di noi,godetevi questa gioia pura che solo lo sport  vi potrà  mai regalare,amate e smettete di odiarci, perché  è  così  che si vince davvero;

Ai tifosi più  giovani,respirate questa aria, perché non ve la dimenticherete  mai più;

A chi da sempre  vira contro  questa terra, a chi  é di questa terra e ha rubato ogni cosa, cancellando le possibilità  delle nuove generazioni, di una vita migliore, fatevi da parte,non c’è  più  bisogno di voi;

Ai miei zii  e ai miei cugini lontani  dalla loro terra, che vorrebbero essere qui oggi, Napoli sa arrivare fino a lí;

Alla mia metá, l’unica persona per cui ho visto e avrei mai potuto vedere, Napoli- Juve  in Curva A, in religioso silenzio, sii felice amore mio, e goditi questo evento grandioso;

 

A questa Napoli, che mi ha dato una seconda possibilità, dico grazie.

 

E allora con la mia visione a senso unico bianca e nera del calcio, che mai e poi mai potrà cambiare, stasera, guardo incantata, il cielo che si tinge d’azzurro.

 

E..  m’illumino d’immenso!

Napoli
Posillipo, senza filtri

 

 

 

 

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