STORIA DI UN’EUTANASIA: LA PAROLA ALLA POLITICA

STORIA DI UN’EUTANASIA: LA PAROLA ALLA POLITICA

STORIA DI UN’EUTANASIA

Qualsiasi forma di eutanasia è in Italia strettamente illegale. Di fatto (caso Welby, caso Eluana Englaro), l’eutanasia passiva – tramite interruzione di supporto vitale – è stata talvolta autorizzata da sentenze giudiziarie o chi ha contribuito ad attuarla è stato considerato “non punibile”.

La battaglia per l’eutanasia legale è iniziata 37 anni fa. Quasi quattro decenni tra proposte di legge, sentenze, appelli che il Parlamento ha lasciato cadere nel vuoto, testi depositati per togliere (anziché dare) libertà ai malati terminali. La politica non è solo rimasta a guardare, ma spesso e volentieri ha remato contro. A mantenere vivo il dibattito ci sono volute le storie di sofferenza e la disobbedienza civile. Eppure il Parlamento è riuscito a voltarsi dall’altra parte, più e più volte, finanche venendo meno alle richieste della Corte costituzionale di colmare il vuoto normativo sul suicidio assistito. Ancora oggi solo in minima parte riempito da una storica sentenza della stessa Consulta. C’è tutto questo dietro la scelta dell’Associazione Luca Coscioni di scendere in piazza e raccogliere le firme per un referendum “affinché i cittadini possano scegliere tra l’eutanasia clandestina che c’è già, come ricordava Umberto Veronesi, e l’eutanasia legale” ha ricordato Marco Cappato, esponente dei Radicali e tesoriere dell’associazione, in occasione dell’avvio della raccolta firme a Milano.

È l’ultima chiamata per questa legislatura. Dato che non si possono depositare referendum nell’anno precedente alla scadenza elettorale, c’è tempo fino al 30 settembre, altrimenti “bisognerà aspettare almeno cinque anni per la prossima legislatura e un’approvazione della legge”.

LA PAROLA ALLA CONSULTA

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sull’eutanasia legale. La Consulta ha fatto sapere che il quesito, che proponeva la depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, è stato bocciato perché, “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Ora si dovranno aspettare le motivazioni della sentenza.

IL QUESITO

“Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n.1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole “la reclusione da 6 a 15 anni”; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “Si applicano”?”

“Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.

Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.

Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:

  1. Contro una persona minore degli anni diciotto;
  2. Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
  3. Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno [613 2].”

Il referendum vuole abrogare parzialmente la norma penale che impedisce l’introduzione dell’Eutanasia legale in Italia.

L’omicidio del consenziente, previsto dall’art. 579 c.p. infatti, non è altro che un reato speciale (rispetto a quello di portata generale di cui all’art. 575 c.p. sull’omicidio) inserito nell’ordinamento per punire l’eutanasia.

Con questo intervento referendario l’eutanasia attiva, potrà essere consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla Sentenza della Consulta sul “Caso Cappato”, ma rimarrà punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni.

Dunque, l’esito abrogativo del referendum farebbe venir meno il divieto assoluto dell’eutanasia e la consentirebbe limitatamente alle forme previste dalla legge 219/2017 in materia di consenso informato.

Per quanto riguarda, invece, condotte realizzate al di fuori delle forme previste dall’ordinamento sarà applicabile il reato di omicidio doloso (art. 575 cp).

L’eutanasia attiva è vietata dal nostro ordinamento sia nella versione diretta, in cui è il medico a somministrare il farmaco eutanasico alla persona che ne faccia richiesta (art. 579 cp omicidio del consenziente), sia nella versione indiretta, in cui il soggetto agente prepara il farmaco eutanasico che viene assunto in modo autonomo dalla persona (art. 580 c.p. istigazione e aiuto al suicidio), fatte salve le scriminanti procedurali introdotte dalla Consulta con la Sentenza Cappato.

Forme di eutanasia c.d. passiva, ovvero praticata in forma omissiva, cioè astenendosi dall’intervenire per tenere in vita il paziente in preda alle sofferenze, sono già considerate penalmente lecite soprattutto quando l’interruzione delle cure ha come scopo di evitare il c.d. “accanimento terapeutico”e sono state positivizzate dalla legge 219/2017 in tema di consenso e testamento biologico.

La sentenza 242/2019 della Consulta sul Caso Cappato/Dj Fabo pur aprendo a determinate condizioni a una procedura lecita nell’ambito del suicidio assistito, consente alla persona di procurarsi la morte assistita solo in modo autonomo, ma se questa non vuole procedere da sola o non può – a causa di malattia totalmente inabilitante – rimane esclusa da questo diritto.

Anche al fine di eliminare discriminazioni tra tipi di malati, emerge l’esigenza di ammettere l’eutanasia c.d. attiva.”

LE MIE CONCLUSIONI

Il problema rimane l’assenza di una legge sul suicidio assistito.

E’ una vacatio politica.

Gli obiettori di coscienza esistono dal Medioevo quando non permettevano alle donne di abortire.

Quando non prescrivevano gli anticoncezionali, costringendo giovani spose a rimanere necessariamente incinte.

Ci sarà sempre una battaglia morale che la politica non può “accontentare”, ma può legiferare, ed è l’unica cosa che conta.

Dare ai cittadini una norma alla quale appellarsi, nel bene e nel male.

Depenalizzare un omicidio consenziente, appare fuorviante, o almeno può apparire fuorviante.

Io ho firmato convintamente, e lo rifarei ancora, ma ammetto che ci siano punti di oblio che la Consulta ha evidentemente individuato.

La soluzione è dunque: legiferare.