La memoria corta del web: dalla morte di Michela Murgia allo stupro di Palermo

La memoria corta del web: dalla morte di Michela Murgia allo stupro di Palermo

Dalla Murgia a Palermo, cosa accomuna questi eventi?

 

Come la maggior parte sa, io ad agosto, stacco tutto.

Scrivo poco, leggo solo per diletto e non per informarmi, e quindi non informo.

Non divulgo e non parlo di politica.

Non commento decisioni del Governo.

Zero.

Mi rigenero.

Oggi, però, mi soffermo su due episodi dell’ ultimo mese, che mi hanno messa  a pensare, come se non lo facessi già molto di mio…

Michela e la voce dei diritti

Il 10 agosto ha lasciato questa terra la scrittrice sarda, Michela Murgia.

La stessa affetta da un gravissimo carcinoma renale, aveva aperto le porte della sua malattia a tutto il mondo.

Aveva anticipato che si trovava in un stato “terminale”, per dirla alla “medichese” e ha iniziato a vivere la sua vita a 1000 all’ora.

Michela non ha mai taciuto le sue opinioni, ed è diventata quasi da subito un’acerrima nemica di questo Governo a trazione fascista, diciamolo, perché è così.

Michela si è battuta pe ri diversi, per gli immigrati, per gli ultimi, per i lavoratori sfruttati e sotto pagati.

Non sempre ho condiviso le sue posizioni estreme, spesso non le ho condivise.

Ma l’ho sempre scrutata e ammirata da lontano, in silenzio, perché quel coraggio dovrebbe essere il coraggio di ogni libero pensatore.

Ho invidiato soprattutto una cosa: il coraggio di dire che la famiglia, non è sempre quella sottoposta a legami di sangue.

Ho invidiato la sua visione spontanea del matrimonio:

“I matrimoni tradizionali Sono la cosa più fascista che esista, negano la volontà, la specialità meravigliosa di amare qualcuno in modo assolutamente libero, senza dipendere da nessun destino genetico”.

Perché, per amare qualcuno, qualcun ‘altro deve sugellare un “patto”?

A chi serve?

Alla tradizione, alla religione e alla legge.

Non a chi ha deciso di amare l’altro incondizionatamente.

Ho invidiato l’idea del “matrimonio queer”.

Michela dopo aver sposato “per forza” il compagno Lorenzo Terenzi, trovandosi in una condizione di “in articulo mortis” , ha reso nota la sua posizione a riguardo :

“Qualche giorno fa io e Lorenzo ci siamo sposati civilmente. Lo abbiamo fatto “in articulo mortis” perché ogni giorno c’è una complicazione fisica diversa, entro ed esco dall’ospedale e ormai non diamo più niente per scontato. Lo abbiamo fatto controvoglia: se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un’esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo»

Una settimana dopo quel evento, poco sentito, ha celebrato il vero matrimonio che la scrittrice desiderava celebrare, quello con la sua famiglia Queer.

IL MATRIMONIO QUEER

Un momento unico ed iconico: tutti i partecipanti vestiti di bianco, i vestiti firmati da Dior, le fedi per ognuno dei presenti chevalier di resina.

Michela ha sugellato l’amore per i suoi figli d’anima, per i suoi compagni e  compagne d’anima, così come aveva sognato.

Ad un passo dalla morte e ad un passo dalla sua vera libertà.

Quando è arrivata alla fine, ha lasciato tutti, così, senza parole.

I suoi più feroci oppositori.

E i suoi più fieri sostenitori.

Io mi sono sentita in dovere di correre ad approfondire le sue idee e la sua storia, e ne ho voluto a modo mio scrivere, per renderle gloria.

Sto leggendo “Tre Ciotole” e mi innamoro ogni giorno di più.

Ma cosa avrebbe detto Michela di quanto accaduto giorni fa a Palermo?

 

Ve lo siete chiesto?

Io sì..

Lo stupro di Palermo: “100 cani su una sola gatta”

“Può uno stupro di gruppo essere definito “notte bollente”? Può la violenza su una donna essere chiamata “leggerezza”? Oggi è mercoledì, il giorno della stroncatura, ma è anche l’8 marzo e quindi ho deciso di unire le due cose e dedicare la critica a una brutta storia uscita su un giornale qualche giorno fa. Il giornale è la Gazzetta dello Sport, letta quasi esclusivamente da un pubblico maschile in un numero di copie tale da renderla la testata più diffusa d’Italia. Spero che l’articolo, l’autore e la storia stroncata siano considerati un’occasione d’esempio – ma potrei indicarne una al giorno su ogni quotidiano – per discutere di quanto facilmente attraverso il linguaggio si riveli il sottofondo della nostra immarcescibile cultura patriarcale.”

Questo un post di facebook di Michela del marzo 2017, sull’ennesimo stupro trattato dal web e dalla stampa, in maniera discutibile.

Con leggerezza e supponenza.

E anche con crudeltà.

La stampa, purtroppo, fa questo e anche peggio.

Tende a minimizzare.

O a dare una doppia visione dell’accaduto, che nel caso di uno stupro, permettetemi di dirlo, non esiste.

“Amunì ca ti piaci” e “arripigghiati che mi si sta ammosciando”

Le riporto, perché chi non si è interfacciato con questa roba, DEVE FARLO!

Lo stupro di Palermo è uno dei tanti raccapriccianti episodi di questo periodo storico, ma la visione del branco è quella che mi colpisce di più.

La linea difensiva varia di poco tra gli indagati. Ribadiscono che non ci sarebbe stata alcuna violenza e che la ragazza sarebbe stata consenziente.

Sono 7 i ragazzi che hanno abusato di una sola donna.

Sapete quante sono 14 mani che palpano violentemente, un unico copro?

E avete invece idea, di quante sono 7 penetrazioni diverse, nello stesso momento intimo?

14 occhi inferociti che ti guardano come se volessero sbranarti sessualmente, sapete che significa?

Non lo sapete voi, per vostra fortuna.

Non lo so io, per mia fortuna.

Lo sa solo quella ragazza, che come premio ha ricevuto anche, frasi del tipo: “Era consenziente!”

 

Io non lo so cosa si possa fare per questa società malata che promuove il branco come metodo di sopraffazione e potere.

Ma mi chiedo, in che modo vogliamo che vivano i nostri figli?

 

Michela che ha dato sempre voce ai sopraffatti, ci avrebbe deliziato con una suo pezzo e una sua visione cruda dell’accaduto.

Parlando ancora una volta di politica, perché tutto è politica, Michela ha sempre avuto ragione.

 

E’ il modo in cui scegli di agire che determina la politica che vuoi promuovere.

 

Intanto il web dimenticherà anche questo stupro.

Dimenticherà la morte di Michela e le sue battaglie.

 

La politica, dimenticherà ogni parola pronunciata.

Anche ogni messaggio di cordoglio.

 

Però, nel tempo libero, fateci un favore:

sbatteteli in galera e buttate la chiave.

 

Per quella ragazza, per Michela e per la voce dei diritti!

 

Leggimi, in altri contenuti!😉